giovedì 12 febbraio 2009


Riforma della contrattazione: nuova strada al recupero dei salari

La crisi economica che investe tutto il mondo ed il nostro Paese non deve essere pagata dai lavoratori. Non è uno slogan ma un impegno di tutti, a partire dal sindacato, di fronte ad una catastrofe che fa giustizia di quanti ci hanno ripetuto che la ricchezza non dipendeva dal lavoro ma dalla finanza. I governi sono chiamati a fare scelte forti, ad invertire le politiche liberiste degli ultimi venti anni, a stabilire nuove regole che impediscano il riproporsi di simili situazioni. Servono ammortizzatori sociali per tutelare chi rischia di perdere il lavoro ed una politica industriale che sostenga le piccole aziende alle prese con la crisi del credito.

Occorre impedire che si inceppino le filiere dell’agroalimentare o dell’auto, che collassino i distretti industriali, grandi motori del nostro export.

L’accordo se tutti i sindacati sapranno interpretarlo, rappresenta una grande opportunità, per i lavoratori e per le lavoratrici.

L’accordo del 22 gennaio:

  • supera la logica dell’inflazione programmata (in base alla quale il governo, con il Dpef, stabiliva quanto potevano crescere gli stipendi e le pensioni); incentiva anche fiscalmente la contrattazione di secondo livello, con una quota di partecipazione anche a chi non ne beneficia;

  • il contratto nazionale resta il perno di tutte le tutele, come l’UGL da sempre chiede;

  • spariscono le una tantum: gli aumenti avranno valore dalla data di scadenza del contratto, senza “sconti” per le imprese;il ruolo delle parti sociali esce rafforzato: non più sottoposto a una politica dei redditi fallimentare, se è vero che gli stipendi delle lavoratrici e dei lavoratori italiani sono i peggiori tra quelli dei Paesi industrializzati e che l’inflazione programmata non ha salvaguardato, sotto nessun governo, il potere d’acquisto di pensioni e salari.
Oggi possiamo predisporre piattaforme economicamente più avanzate e più vicine, sotto il profilo normativo, alla realtà dei luoghi di lavoro.

E’ su questo che ci dobbiamo confrontare con le altre Organizzazioni sindacali.

E’ su questo che dobbiamo discutere nelle assemblee. La demagogia serve solo a creare nuove fratture, adapprofondire divisioni che prescindono dal merito, che mistificano la storia. Storia che è molto semplice: basta leggere la busta paga.

Deve restare così o possiamo cambiarla?

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